Uno degli aspetti più notevoli del lavoro di Gary Gerstle, Ascesa e declino dell’ordine neoliberale (Neri Pozza, 2024), è il suo approccio davvero interdisciplinare.
L’autore intreccia storia, politica, economia e cultura per offrire una lettura ricca e sfumata degli ultimi cent’anni della storia americana.
Apporre il prefisso “neo” a “liberalismo” ha segnato una netta separazione dalla socialdemocrazia che, con l’ordine del New Deal, aveva sostenuto l’intervento pubblico nei meccanismi di mercato. Il neoliberismo, infatti, si fonda su principi quali lo stato minimo, la globalizzazione, la deregolamentazione e la libera circolazione di capitali, merci e persone. Ciò che rende questa corrente ancora più intrigante è la sua capacità di legittimarsi attraverso valori tipicamente progressisti, come la fiducia nell’individuo, l’emancipazione dalla burocrazia e l’innovazione tecnologica.
In questo modo, un ordine politico ed economico che inizialmente veniva respinto da alcune forze è stato poi accolto con sorprendente acquiescenza da varie anime dello spettro politico. Gerstle dimostra come tale ordine abbia plasmato non solo le economie nazionali, ma anche l’intero sistema internazionale, contribuendo all’egemonia degli Stati Uniti e alla supremazia della finanza globale.
Il periodo compreso tra gli anni ottanta e la Grande Recessione rappresenta il culmine dell’ordine neoliberale, il cui declino si fa sentire nelle prime due decadi del ventunesimo secolo. L’aumento delle disuguaglianze, la crescente precarizzazione del lavoro e le crisi finanziarie hanno messo in evidenza i limiti di un sistema eccessivamente orientato al mercato, scatenando reazioni populiste e un crescente scetticismo nei confronti della globalizzazione.
Nelle righe finali del volume, Gerstle pone l’interrogativo cruciale: “Che cosa verrà dopo?” Una domanda che gli Stati Uniti – e, per estensione, il mondo intero – dovranno affrontare, mentre le prime risposte, ancora difficili da immaginare, appaiono tutt’altro che rassicuranti.
Circolare Spazio Aziende
La Legge di Bilancio del 2025 è intervenuta sulla disciplina del credito d’imposta riconosciuto alle imprese per gli investimenti in beni strumentali nuovi “Industria 4.0”, prevedendo l’abrogazione dal 2025dell’agevolazione riferita ai beni immateriali, mentre, per gli investimenti in beni materiali effettuati nel 2025, viene introdotto unlimite di spesa e l’invio al MiMiT di una specifica comunicazione. La circolare SEAC del mese di febbraio commenta la rinnovata disciplina.
Le ritenute nel Mod F24
L’Agenzia delle Entrate ha introdotto, dal periodo d’imposta 2025, una procedura semplificata di comunicazione dei dati sulle ritenute relative ai redditi di lavoro dipendente e autonomo, utilizzabile dai datori di lavoro (sostituti d’imposta) con un numero complessivo di dipendenti al 31 dicembre dell’anno precedente non superiore a cinque.
In particolare, in alternativa alla presentazione del modello 770, il sostituto d’imposta può comunicare specifici dati individuati con il provvedimento in commento in occasione dei versamenti mensili delle ritenute effettuati tramite il modello F24.
I dati aggiuntivi da comunicare in occasione dell’invio del modello F24 dovranno essere esposti nel nuovo modello denominato “PROSPETTO DELLE RITENUTE/TRATTENUTE OPERATE”.
Artigiani e commercianti - Contributi IVS
L’INPS ha reso noto gli importi dei contributi dovuti per il 2025 da artigiani e commercianti.
L’aliquota ordinaria è fissata nella misura del 24% per gli artigiani e del 24,48% per i commercianti.
Viene aumentato a € 18.555 il reddito minimo annuo da considerare per il calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani (contributo minimo € 4.453) e commercianti (contributo minimo € 4.542).
Per artigiani/commercianti con più di 65 anni, già pensionati presso le gestioni dell’Inps, vige la riduzione del 50% dei contributi dovuti. Coloro che hanno redditi superiori a € 55.448 annui scontano l’aumento dell’aliquota di un punto percentuale.
Imprese culturali e creative
Sono stati approvati i decreti attuativi della qualifica di impresa culturale e creativa (ICC) e il nuovo albo delle ICC presso il Ministero della Cultura.
In generale, la qualifica di impresa culturale e creativa può essere assunta da soggetti che svolgono la loro attività d’impresa in modo stabile e continuativo in Italia, o nell’Unione europea o anche nello Spazio economico europeo, a condizione che siano soggetti passivi d’imposta in Italia. Ai fini del riconoscimento della qualifica di impresa culturale e creativa, i predetti soggetti devono svolgere, in via esclusiva o prevalente le attività di ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali.
Nell’ambito del Terzo settore, possono assumere tale qualifica anche gli Enti del Terzo settore (ETS), e, in particolare le imprese sociali, le fondazioni e le associazioni, se svolgono, prevalentemente in forma d’impresa, o in genere, gli ETS che svolgono la propria attività principalmente o esclusivamente in forma d’impresa commerciale, e che sono quindi tenuti ad iscriversi nel Registro delle Imprese.
Per tali soggetti sono previsti contributi in conto capitale, stanziati dalla Legge sul made in Italy n. 206/2023, e anche fondi comunitari nell’ambito del piano “Europa creativa”.
Ascolti
Cinquant'anni fa Keith Jarrett vide il pianoforte che gli avevano preparato all'Opera di Colonia e si rifiutò di suonare.
Poi tutto si quietò e si tenne, quasi regolarmente, uno dei concerti più famosi della storia del jazz.